Nome
Abisso Franco Milazzo
Data inserimento
2007-01-01 00:00:00
Data ultimo aggiornamento
2005-07-18 06:33:17
Quando dal versante a mare delle Apuane si risale la provinciale per Arni si giunge alla galleria del Cipollaio che, bucando il crinale della montagna, da accesso al versante Garfagnino. Come si sbuca alla luce del sole il paesaggio si fa subito duro; rocce e pareti accompagnano la strada che serpeggia scendendo verso il bivio di tre Fiumi. In estate la vegetazione verde e rigogliosa dà un senso di freschezza e di ristoro, cammuffando i ripidi pendii, ma d'inverno,senza verde e colore, il grigio delle pietre si confonde spesso con il colore del cielo e neve, nebbia, vento, rendono il posto alquanto inospitale.
Fra le tante cose interessanti che si possono notare in questo luogo, due sono le principali: la prima é che la zona a nord del crinale é sempre piu fredda di quella a Sud (anche in stagioni diverse); la seconda é che salvo intense precipitazioni, l'acqua in quei canali é pressoche inesistente (sia il canal Freddone, che il canal Piastrone e la Turrite Secca di Campanice perdono l'acqua nella zona di contatto tra scisti e calcari; si noti come i nomi di questi tre canali non potrebbero essere piu appropriati).
Nel letto del canale erano gia conosciute alcune grotticelle che tiravano aria ma non troppo occluse e ogni disostruzione risultò vana. Furono comunque individuati una serie di buchi promettenti, tutti con molta aria, molto fango e molta frana da scavare.
Si arrivò cosi al 1987 quando Gianfranco Argnani del gruppo speleologico Faentino, abbassandosi alla base di una roccetta in mezzo ai ciuffi di paleo, fiutò la grotta, guardò meglio e, intravedendo un'ombra scura vi penetrò. Li a due passi dal Cipollaio, si era nascosto l'abisso tanto cercato.
Dopo una breve condotta iniziale la grotta sprofondava in una frattura tettonica per una ventina di metri; da qui, superando un passaggio in frana si accedeva ad una zona di basse condotte freatiche riempite di detrito e fango. Ma con ancora molta aria.
Il facile raggiungimento dell'ingresso e la voglia di esplorare spinse un gruppo di tenaci esploratori Faentini a scavare fino alla noia inseguendo centimetro per centimetro l'ombra di un cunicolo che si allungava sempre di più, lasciando spazio e forma alle loro fantasie.
In quei tempi la grotta sotto il Monte dei Ronchi non si differenziava molto dalle altre gia conosciute nella zona; poteva chiudere da un momento all'altro su un sifone ad esempio come quello della seconda strettoia; ma non fu cosi.
Era gia autunno, pioveva, i colori sul Monte dei Ronchi gia si mescolavano in mille rugginose sfumature, la montagna alitava tranquilla dalle sue infinite fratture. I nostri esploratori ripercorsero velocemente gli angusti cunicoli e, superata l'ultima fetida strettoia, finalmente si poterono rialzare e camminare in posizione eretta in cerca delle loro ombre proiettate nei blocche e negli anfratti di quei marmi antichi. Cosi fu raggiunto il cuore della montagna e da lì i Faentini si calarono per la via piu logica: la via dell'acqua.
La grotta era ormai grande e gli amici di Faenza furono generosi e gentili invitandoci a prendere parte alle esplorazioni. Del resto fin dai tempi del Fighera, il sodalizio tra i nostri gruppi era una di quelle cose che non si era mai messa in discussione, storie di grotte, di feste e di donne sono sempre state vissute e intrecciate tra noi.
La domenica dopo presi gli accordi, ci ritroviamo tutti a strisciare nei cunicoli, siamo un bel gruppo; i salti di questo ramo attivo sono veramente belli; subito mi domando se delle morfologie di quelle dimensioni possono ricevere cosi poca acqua e che fine ha fatto il fiume che sparisce all'esterno.
Poi un'altro pozzo e sotto un'altro ancora, ma le corde sono finite ed è il momento di risalire. Da qui in avanti le punte esplorative si susseguono in maniera vertiginosa: non passa fine settimana che una squadra non entri in grotta.
Una volta che c'era tanta gente, ci ritrovammo tutti in bilico su di un grosso masso sospeso sulla forra; i fornellini rumoreggiavano monotoni, i bricchi fumanti del tè non erano sufficenti a scaldarci e oramai avevamo raccontato anche le barzellette piu stupide; sotto di noi nella profondità del meandro rimbombavano i colpi del martello, poi finalmente urla di gioia e dal basso arriva un "Continua" porta giu altra corda. Infreddolito inizio a scendere con il sacco; al secondo frazionamento mi rendo conto della grandezza del pozzo; è enorme, sicuramente uno dei piu ampi delle apuane. Vedo le luci degli amici laggiu e li raggiungo. Siamo fermi su un ponte di roccia, ai lati tutto sprofonda nuovamente.
Mi dicono: tocca a te; traverso, metto due spit e comincio a scendere. Con l'elettrico cerco di individuare il fondo, ma non si vede niente; speriamo che almeno abbia fatto il nodo alla corda. Dopo 50 metri nell'oscurità arrivo nell'imbuto di fango alla base del pozzo. Anche qui le dimensioni sono grandi e solo quando siamo giu tutti e cinque iniziamo a renderci meglio conto: quello che ci sfugge per adesso è la continuazione logica; l'acqua sparisce in una frana e "arrivi" o "finestre" nel pozzo non se ne vedono; c'è solo fango dappertutto.
Ritorniamo la volta dopo , e sorpresa: la base del pozzo non c'e' piu, al suo posto un bel lago ci fa capire che da lì non si va da nessuna parte. Dopo un'altra punta, per vedere un paio di finestre si pensa gia al disarmo. Eppure l'aria, tutta quell'aria fredda all'uscita del pozzo, dove andava? Era come se avesse inchiodato il nostro cervello: c'era un circuito che non andava. Un giorno provammo a sostituirlo. Traversammo in alto, sulla forra e, spostandoci di una cinquantina di metri, approdammo in ambienti sconosciuti.
Da quel giorno si rianimarono le esplorazioni: ogni visita era un pezzo di mosaico che, punta dopo punta, diventava sempre piu ricco di dati, di nomi e di disegni. Ricordo con piacere il giorno del mio ventinovesimo compleanno: eravamo in due e dopo aver esplorato una galleria in salita scendemmo nella forra; percorrendola arrivammo in una grande sala, era mezzanotte, compivo 29 anni e il tonno, il tè e i crackers erano la cosa piu dolce del mondo.
Dalla sala partivano due diramazioni importanti; esplorarle fu come scartare dei preziosi regali. Gallerie,aria, frane, pozzi e meandri; tutto si susseguiva in rapida successione. Mi sembrava di aver gia vissuto quei momenti, ai tempi delle esplorazioni del Fighera e del Farolfi; le ombre si fondevano coi ricordi e tutto mi sembrava familiare. Il tempo filava veloce e finito anche l'ultimo spezzone di corda, si pensò che era meglio tornare. La domenica successiva a festeggiare sono i Faentini; la loro è una punta travolgente: in una sola esplorazione trovano Obelix (il grande spazio vuoto) e "La storia infinita" (un dolce e tranquillo serpente di acqua che scorre sotto la montagna attraversandola quasi per intero).
Sensa farsi notare, nella profondità di quei marmi, scorre questo antico corso d'acqua che segna, con il suo approfondirsi, la rispettabile età della grotta: sette piani di galleria lo sovrastano; nei colori e nelle sfumature dei piani piu alti si legge e si percepisce tutta la ricchezza e l'antichità di quelle forme, che noi , in tempi brevissimi visualizziamo e profaniamo.
Raggiunto il sifone del "Storia Infinita" le esplorazioni subiscono un brusco rallentamento e solo alcuni temerari continuano periodicamente a frequentare la grotta arrivando su un'altro sifone, quello di "Via Strocchi". Qui il fiume è al massimo della sua portata e profondità: sono regioni affascinanti e tetre allo stesso tempo, il fango che ricopre quei pozzi silenziosi e dimenticati da un senso di oppressione. Una volta dopo una piena, trovammo un pozzo di 40 metri quasi completamente allagato ma, nel complesso, "Via Strocchi" , il "Ramo del Maiale" , e la "Via delle Vacche magre" conservano sicuramente, dietro quello starto di fango, importanti sorprese ancora da verificare.
Siamo oramai in primavera inoltrata e vengono esplorati gran parte dei livelli freatici fossili sopra il fiume. Sono reticoli di gallerie labirintici. Ripensandoci, tutti infettucciati e colorati, forse in quei luoghi, ci sentivamo un pò come in un'altra dimensione. Cosa cercavamo in quelle gallerie fantastiche, con l'aspetto incredulo e l'espressione stupita? Cosa cercavamo , noi, piccoli esploratori in un contesto cosi grande e cosi sacro di quello che qualsiasi altra forma o struttura, sia pure inponente, potesse infonderci? Cosi luoghi come "il tempio, la salita al tempio, Max bonita" divennero nella nostra interpretazione le Gallerie del tempo perduto.
Arrivò l'estate; la voglia di andare in grotta svani un pò per tutti quanti e grosse novità non ve ne sono state per circa un anno. Nel frattempo vennero completati gran parte dei rilievi mancanti e messo sulla carta un progetto riguardante la grotta. Nella primavera del 1991 viene esplorato un abisso sulla cresta del monte dei Ronchi; la grotta viene chiamata "la grande fuga" e dopo 400 metri di pozzi fionda nella "Sala Silvia" presso il campo base.
Giungiamo cosi ai nostri giorni. Ricapitolando un pò si può affermare che: la grotta è stata esplorata per circa 8 KM; dall'ingresso alto al fondo c'è un dislivello di circa 700 metri; la diramazione piu lunga è quella della "Storia infinita" con piu di due KM in direzione Nord-Ovest. Le altre due diramazioni attive vanno invece verso Nord-Est ed hanno uno sviluppo limitato: la prima termina col grande pozzo da 120 metri a - 250., la seconda Via Strocchi, a - 280 su sifone.
Da un punto di vista scentifico la grotta assume senza dubbio un interesse particolare concernente le ricerche idrogeologiche della zona. Le colorazioni devono essere ancora effettuate. La struttura geomorfologica assai complessa fa pensare ad una grotta molto antica, che ha subito nel tempo genesi differenziate; le dimensioni stesse degli ambienti ci raccontano di un bacino molto piu ampio di quello attuale. Pipistrelli e piccoli insetti si sono da tempo adattati a questo mondo sotterraneo che noi frequentiamo saltuariamente, quasi per gioco; eppure ogni volta, alla vista di questi animali mi sento un pò stùpito. Come potersi rapportare con simili creature cosi profondamente diverse, eppure conviventi dello stesso ambiente. Chissa cosa penseranno loro di noi: giganti chiassosi e invadenti che arrivano a frantumare il silenzio e ad illuminare il buio.
Purtroppo noi ci pensiamo poco ma la speleologia è anche questo: noi siamo degli intrusi in un mondo di altri.
Marco Frati (Gsav) Talp n° 4 novembre 1991
Tipo di cavità
grotta
Stato
Italy
Provincia
230
Comune
Seravezza
Località
Cipollaio
Numero catastale
1001/T/LU
Sviluppo totale
8000
Dislivello
280
Gruppi
GSAV
Quota
840 m slm
Cartografia
96 II SO
Itinerario di accesso
Da Seravezza seguire le indicazioni per Castelnuovo Garfagnana, alcuni chilometri dopo il paese di Levigliani si arriva alla galleria del Cipollaio,alla fine della galleria un piazzale per il parcheggio, una stradina lungo il fiume porta in due minuti all'ingresso, situato dieci metri sopra l'alveo del torrente sulla sinistra orografica del fiume.
Altro,note
Il colore del buioQuando dal versante a mare delle Apuane si risale la provinciale per Arni si giunge alla galleria del Cipollaio che, bucando il crinale della montagna, da accesso al versante Garfagnino. Come si sbuca alla luce del sole il paesaggio si fa subito duro; rocce e pareti accompagnano la strada che serpeggia scendendo verso il bivio di tre Fiumi. In estate la vegetazione verde e rigogliosa dà un senso di freschezza e di ristoro, cammuffando i ripidi pendii, ma d'inverno,senza verde e colore, il grigio delle pietre si confonde spesso con il colore del cielo e neve, nebbia, vento, rendono il posto alquanto inospitale.
Fra le tante cose interessanti che si possono notare in questo luogo, due sono le principali: la prima é che la zona a nord del crinale é sempre piu fredda di quella a Sud (anche in stagioni diverse); la seconda é che salvo intense precipitazioni, l'acqua in quei canali é pressoche inesistente (sia il canal Freddone, che il canal Piastrone e la Turrite Secca di Campanice perdono l'acqua nella zona di contatto tra scisti e calcari; si noti come i nomi di questi tre canali non potrebbero essere piu appropriati).
Nel letto del canale erano gia conosciute alcune grotticelle che tiravano aria ma non troppo occluse e ogni disostruzione risultò vana. Furono comunque individuati una serie di buchi promettenti, tutti con molta aria, molto fango e molta frana da scavare.
Si arrivò cosi al 1987 quando Gianfranco Argnani del gruppo speleologico Faentino, abbassandosi alla base di una roccetta in mezzo ai ciuffi di paleo, fiutò la grotta, guardò meglio e, intravedendo un'ombra scura vi penetrò. Li a due passi dal Cipollaio, si era nascosto l'abisso tanto cercato.
Dopo una breve condotta iniziale la grotta sprofondava in una frattura tettonica per una ventina di metri; da qui, superando un passaggio in frana si accedeva ad una zona di basse condotte freatiche riempite di detrito e fango. Ma con ancora molta aria.
Il facile raggiungimento dell'ingresso e la voglia di esplorare spinse un gruppo di tenaci esploratori Faentini a scavare fino alla noia inseguendo centimetro per centimetro l'ombra di un cunicolo che si allungava sempre di più, lasciando spazio e forma alle loro fantasie.
In quei tempi la grotta sotto il Monte dei Ronchi non si differenziava molto dalle altre gia conosciute nella zona; poteva chiudere da un momento all'altro su un sifone ad esempio come quello della seconda strettoia; ma non fu cosi.
Era gia autunno, pioveva, i colori sul Monte dei Ronchi gia si mescolavano in mille rugginose sfumature, la montagna alitava tranquilla dalle sue infinite fratture. I nostri esploratori ripercorsero velocemente gli angusti cunicoli e, superata l'ultima fetida strettoia, finalmente si poterono rialzare e camminare in posizione eretta in cerca delle loro ombre proiettate nei blocche e negli anfratti di quei marmi antichi. Cosi fu raggiunto il cuore della montagna e da lì i Faentini si calarono per la via piu logica: la via dell'acqua.
La grotta era ormai grande e gli amici di Faenza furono generosi e gentili invitandoci a prendere parte alle esplorazioni. Del resto fin dai tempi del Fighera, il sodalizio tra i nostri gruppi era una di quelle cose che non si era mai messa in discussione, storie di grotte, di feste e di donne sono sempre state vissute e intrecciate tra noi.
La domenica dopo presi gli accordi, ci ritroviamo tutti a strisciare nei cunicoli, siamo un bel gruppo; i salti di questo ramo attivo sono veramente belli; subito mi domando se delle morfologie di quelle dimensioni possono ricevere cosi poca acqua e che fine ha fatto il fiume che sparisce all'esterno.
Poi un'altro pozzo e sotto un'altro ancora, ma le corde sono finite ed è il momento di risalire. Da qui in avanti le punte esplorative si susseguono in maniera vertiginosa: non passa fine settimana che una squadra non entri in grotta.
Una volta che c'era tanta gente, ci ritrovammo tutti in bilico su di un grosso masso sospeso sulla forra; i fornellini rumoreggiavano monotoni, i bricchi fumanti del tè non erano sufficenti a scaldarci e oramai avevamo raccontato anche le barzellette piu stupide; sotto di noi nella profondità del meandro rimbombavano i colpi del martello, poi finalmente urla di gioia e dal basso arriva un "Continua" porta giu altra corda. Infreddolito inizio a scendere con il sacco; al secondo frazionamento mi rendo conto della grandezza del pozzo; è enorme, sicuramente uno dei piu ampi delle apuane. Vedo le luci degli amici laggiu e li raggiungo. Siamo fermi su un ponte di roccia, ai lati tutto sprofonda nuovamente.
Mi dicono: tocca a te; traverso, metto due spit e comincio a scendere. Con l'elettrico cerco di individuare il fondo, ma non si vede niente; speriamo che almeno abbia fatto il nodo alla corda. Dopo 50 metri nell'oscurità arrivo nell'imbuto di fango alla base del pozzo. Anche qui le dimensioni sono grandi e solo quando siamo giu tutti e cinque iniziamo a renderci meglio conto: quello che ci sfugge per adesso è la continuazione logica; l'acqua sparisce in una frana e "arrivi" o "finestre" nel pozzo non se ne vedono; c'è solo fango dappertutto.
Ritorniamo la volta dopo , e sorpresa: la base del pozzo non c'e' piu, al suo posto un bel lago ci fa capire che da lì non si va da nessuna parte. Dopo un'altra punta, per vedere un paio di finestre si pensa gia al disarmo. Eppure l'aria, tutta quell'aria fredda all'uscita del pozzo, dove andava? Era come se avesse inchiodato il nostro cervello: c'era un circuito che non andava. Un giorno provammo a sostituirlo. Traversammo in alto, sulla forra e, spostandoci di una cinquantina di metri, approdammo in ambienti sconosciuti.
Da quel giorno si rianimarono le esplorazioni: ogni visita era un pezzo di mosaico che, punta dopo punta, diventava sempre piu ricco di dati, di nomi e di disegni. Ricordo con piacere il giorno del mio ventinovesimo compleanno: eravamo in due e dopo aver esplorato una galleria in salita scendemmo nella forra; percorrendola arrivammo in una grande sala, era mezzanotte, compivo 29 anni e il tonno, il tè e i crackers erano la cosa piu dolce del mondo.
Dalla sala partivano due diramazioni importanti; esplorarle fu come scartare dei preziosi regali. Gallerie,aria, frane, pozzi e meandri; tutto si susseguiva in rapida successione. Mi sembrava di aver gia vissuto quei momenti, ai tempi delle esplorazioni del Fighera e del Farolfi; le ombre si fondevano coi ricordi e tutto mi sembrava familiare. Il tempo filava veloce e finito anche l'ultimo spezzone di corda, si pensò che era meglio tornare. La domenica successiva a festeggiare sono i Faentini; la loro è una punta travolgente: in una sola esplorazione trovano Obelix (il grande spazio vuoto) e "La storia infinita" (un dolce e tranquillo serpente di acqua che scorre sotto la montagna attraversandola quasi per intero).
Sensa farsi notare, nella profondità di quei marmi, scorre questo antico corso d'acqua che segna, con il suo approfondirsi, la rispettabile età della grotta: sette piani di galleria lo sovrastano; nei colori e nelle sfumature dei piani piu alti si legge e si percepisce tutta la ricchezza e l'antichità di quelle forme, che noi , in tempi brevissimi visualizziamo e profaniamo.
Raggiunto il sifone del "Storia Infinita" le esplorazioni subiscono un brusco rallentamento e solo alcuni temerari continuano periodicamente a frequentare la grotta arrivando su un'altro sifone, quello di "Via Strocchi". Qui il fiume è al massimo della sua portata e profondità: sono regioni affascinanti e tetre allo stesso tempo, il fango che ricopre quei pozzi silenziosi e dimenticati da un senso di oppressione. Una volta dopo una piena, trovammo un pozzo di 40 metri quasi completamente allagato ma, nel complesso, "Via Strocchi" , il "Ramo del Maiale" , e la "Via delle Vacche magre" conservano sicuramente, dietro quello starto di fango, importanti sorprese ancora da verificare.
Siamo oramai in primavera inoltrata e vengono esplorati gran parte dei livelli freatici fossili sopra il fiume. Sono reticoli di gallerie labirintici. Ripensandoci, tutti infettucciati e colorati, forse in quei luoghi, ci sentivamo un pò come in un'altra dimensione. Cosa cercavamo in quelle gallerie fantastiche, con l'aspetto incredulo e l'espressione stupita? Cosa cercavamo , noi, piccoli esploratori in un contesto cosi grande e cosi sacro di quello che qualsiasi altra forma o struttura, sia pure inponente, potesse infonderci? Cosi luoghi come "il tempio, la salita al tempio, Max bonita" divennero nella nostra interpretazione le Gallerie del tempo perduto.
Arrivò l'estate; la voglia di andare in grotta svani un pò per tutti quanti e grosse novità non ve ne sono state per circa un anno. Nel frattempo vennero completati gran parte dei rilievi mancanti e messo sulla carta un progetto riguardante la grotta. Nella primavera del 1991 viene esplorato un abisso sulla cresta del monte dei Ronchi; la grotta viene chiamata "la grande fuga" e dopo 400 metri di pozzi fionda nella "Sala Silvia" presso il campo base.
Giungiamo cosi ai nostri giorni. Ricapitolando un pò si può affermare che: la grotta è stata esplorata per circa 8 KM; dall'ingresso alto al fondo c'è un dislivello di circa 700 metri; la diramazione piu lunga è quella della "Storia infinita" con piu di due KM in direzione Nord-Ovest. Le altre due diramazioni attive vanno invece verso Nord-Est ed hanno uno sviluppo limitato: la prima termina col grande pozzo da 120 metri a - 250., la seconda Via Strocchi, a - 280 su sifone.
Da un punto di vista scentifico la grotta assume senza dubbio un interesse particolare concernente le ricerche idrogeologiche della zona. Le colorazioni devono essere ancora effettuate. La struttura geomorfologica assai complessa fa pensare ad una grotta molto antica, che ha subito nel tempo genesi differenziate; le dimensioni stesse degli ambienti ci raccontano di un bacino molto piu ampio di quello attuale. Pipistrelli e piccoli insetti si sono da tempo adattati a questo mondo sotterraneo che noi frequentiamo saltuariamente, quasi per gioco; eppure ogni volta, alla vista di questi animali mi sento un pò stùpito. Come potersi rapportare con simili creature cosi profondamente diverse, eppure conviventi dello stesso ambiente. Chissa cosa penseranno loro di noi: giganti chiassosi e invadenti che arrivano a frantumare il silenzio e ad illuminare il buio.
Purtroppo noi ci pensiamo poco ma la speleologia è anche questo: noi siamo degli intrusi in un mondo di altri.
Marco Frati (Gsav) Talp n° 4 novembre 1991
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