Nome Buranco da Cruxe Data inserimento 2008-09-20 15:52:24 Data ultimo aggiornamento 2008-09-20 15:54:42
Tipo di cavità grotta Stato Italy Provincia 267 Località Giogo di Toirano Monte Monte Carmo Valle Valle Varatella Numero catastale 67 Li Dislivello -30 Quota 935 slm
Geologia La voragine si apre nelle Dolomie di S. Pietro dei Monti (Ladinico). Itinerario di accesso Da Borghetto S.Spirito si arriva a Toirano e si prosegue fino al Giogo di Toirano. Da qui si segue l'Alta Via dei Monti Liguri, fino a un bivio dove si svolta a destra. Si prosegue per circa 100 metri e, circa a metà tra il Cian da Cruxe e il Buranchino del Giogo, si apre (scendendo in direzione sud-ovest) un vallone,al centro del quale si splalanca l'ampia voragine del Buranco da Cruxe, profondo solo una trentina di metri, ma famoso per le leggende che ispirò. Era ritenuto la bocca dell'Inferno, dove, nelle notti tempestose, il Diavolo era solito scaraventare le anime dei dannati, portate fino lassù su un dorso d'asino. Descrizione Racconto tratto dal G.S.Martel di Genova.
In realtà la meta di quel giorno memorabile era la discesa del Buranchino del Giogo di Toirano ma, visto che la guida turistica aveva le vesti del Pier, il Giogo non lo trovammo affatto. Durante la ricerca della cavità, lungo il sentiero che saliva verso il Monte Carmo, notai un buco in una parete di roccia nascosta nel bosco. Incuriositi, io e Claudio decidemmo di dare una veloce occhiata...Lo spettacolo che si presentò ai nostri occhi era qualcosa di entusiasmante. Un inghiottitoio enorme pareva risucchiare il bosco dentro una cavità di roccia. Parzialmente si poteva vedere anche il fondo della grotta, e noi stimammo la discesa di una quarantina di metri.
Ora lo scopo dell'escursione era scendere in quell'enorme buco, di cui non conoscevamo ancora il nome. Claudio fu il primo. Dopo un breve scivolo su foglie secche e terriccio, trovò due frazionamenti in parete e, in una mezz'ora, fu già con i piedi sul fondo. Lo seguì a ruota Pier, mentre io vagavo senza meta in mezzo a quello strano bosco, dove incontrai altri due Buranchi di modeste dimensioni, che solo in seguito scoprii come il Buranchetto e il Burancone.
Sul fondo, i ragazzi sembravano divertirsi. Sul pavimento, sotto un ammasso di foglie e terra bagnata, c'era persino un piccolo nevaio. Lateralmente, una galleria saliva e , in un'altra, qualche altro gruppo speleologico aveva iniziato degli scavi.
Il primo a salire in superficie fu Claudio. Sullo scivolo avevo notato che stava arrampicando con una mano sola e, con l'altra, teneva nascosto dietro la schiena un oggetto misterioso...Era un casco blu, che riconobbi come quello di Pier...dal casco blu scorsi un ciuffo di pelo bianco, che riconobbi come i capelli brizzolati del buon Pier...ma che fa Pasquarelli? In preda alla follia taglia la testa a Pier e me la porta dentro il suo casco?
Fu in quel momento che pensai di aver bisogno di un bravo analista...
Dopo quei 10 secondi di straordinaria follia, mi accorsi che dentro il casco c'era un oggetto animato. Comodissimo come dentro le più morbida delle culle, stava dormendo un cucciolo di rapace, forse di gufo o civetta. Era un tenero batuffolo grasso, ricoperto da un abbondante piumino bianco. Gli occhi chiusi erano già circondati dal "disegno ad occhiali", caratteristico di molti rapaci notturni. Aveva due zampe robuste e unghie ad uncino.
Ci consultammo sul da farsi e qui elaborammo le più affascinanti teorie:
-Povero gufo caduto dal nido. Se lo lasciamo sulla neve del fondo morirà di fame e di freddo!
-Chissà da quanti giorni è caduto...guarda come è disidratato!
-E' così debole che non si sveglia neppure!
-Portiamolo alla Lipu...lo cureranno loro!
-Diamogli da mangiare formiche vive...perchè essendo rapace deve cibarsi di carne viva!
-Mi ha fatto la cacca dentro il casco...che schifo!
-Diamogli da bere acqua con una siringa...così potrà reidratarsi!
Ma la reale intenzione fu quella di cercare aiuto alla Lipu, il centro di recupero per i volatili.
A Toirano, sulla via del ritorno, cominciammo con il tam-tam delle telefonate. Scoprimmo che la Lipu non operava più a Genova e che il centro più vicino per la cura dei rapaci era in Toscana.
Intanto, grazie alle nostre mille telefonate, si spargeva la voce a tutti gli appassionati di rapaci d'italia, che noi stavamo girando su una Twingo blu con un cucciolo di gufo dentro un casco. Tutti quelli che ci telefonavano per darci un'opinione, non facevano altro che insultarci di brutta maniera:" Portatelo indietro! chi vi ha detto di prenderlo? Se è caduto dal nido, la madre potrebbe salvarlo!" E noi a scusarci dicendo che pensavamo di fare solo del bene, evitandogli morte certa al freddo sopra la neve.
A Toirano ci fermammo dentro un bar per schiarirci le confuse idee con una calda tazza di caffè. Sempre con l'amico gufo dentro il casco, venimmo tartassati di domande dagli avventori del bar. Un cacciatore elaborò la teoria che quello potesse essere un cucciolo di gufo reale e io mi immaginavo già in galera per aver rapito uno dei volatili più protetti d'Italia.
Il barista ci portò anche del pollo arrosto da dare in pasto al gufetto...ma a Pier sembrava innaturale fargli mangiare carne dei suoi simili.
Il cacciatore ci consigliò allora di rivolgersi ad una ragazza del posto, studiosa di rapaci. Ci trovammo in casa di persone gentilissime: una familglia di Toirano che viveva in una bella casa dentro uno stupendo giardino. I padroni di casa ci chiesero di aspettare la loro figlia: Lorenza, laureata in scienze naturali e appassionata del mondo delle civette.
Non dimenticheremo mai la loro ospitalità e Lorenza fu l'aiuto prezioso che cercavamo. Consultando i suoi libri di studio, la ragazza identificò il cucciolo come un Allocco e, con un altro tam-tam di telefonate fece scatenare la solidarietà di tutti per trovare la soluzione giusta.
L'unica cosa da fare era tornare alla grotta e riportare il cucciolo dove l'avevamo trovato.
Ormai era sceso il buio e il piccolo allocco aveva spalancato i suoi rotondi occhioni neri.
Lorenza ci accompagnò nel bosco e noi le raccontammo il nostro mondo, fatto di speleologia e piccole avventure.
Arrivati sull'orlo dell'inghiottitoio, Claudio e Pier armarono velocemente la discesa e riposero il cucciolo al suo posto. Qui ci fu la grande sorpresa...poco distante, un' altro piccolo allocco zampettava beato.
Per quanto poteva essere angusto e gelido, il fondo della grotta era il nido dei due fratellini.
La nostra storia oltre ad esserci servita di lezione, spero possa essere utile a chiunque la legga. Con la nostra ignoranza sull'argomento, anche se a fin di bene, rischiavamo di distruggere il corso naturale di una vita animale.
Alcuni giorni più tardi, e con qualche piccola ricerca, ci siamo resi conto che la nostra avventura si era svolta dentro il Buranco da Cruxe, una delle più antiche e leggendarie cavità della zona.
Quattro giorni dopo, con altri amici speleo, durante una battuta nella stessa zona, 3 di noi scesero di nuovo all'interno del Buranco, per accertarsi che i cuccioli stessero effettivamente bene.
Trovammo i due piccoli in salute, addormentati e stretti vicini uno all'altro. Un' immagine meravigliosa!.
Rosita Sarcina G.S.Martel Genova
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