Nom
Grotta del Dragone
Insertion date
2007-01-01 00:00:00
Date updated
2005-06-28 10:44:07
Trattandosi di un ''Esautore di troppo pieno'' la grotta è esplorabile solo nei mesi in cui non è invasa da acqua. La Grotta del Dragone spesso è inondata perché il condotto sotterraneo, che alimenta la sorgente marina, non riesce a scolmare tutta l'acqua e quindi, alzandosi il livello di falda, invade le gallerie del Dragone che divengono via d'uscita per l'acqua.
Agli speleologi locali si sono spesso aggiunti altri colleghi provenienti dal Piemonte, dalla Liguria, dalla Puglia, ma, a volte, i sifoni interni, invasi dall'acqua, hanno impedito ogni sorta di prosecuzione. La grotta del Dragone è attualmente ben conosciuta nell'ambito speleologico nazionale. La prima parte della grotta è caratterizzata da numerose "Marmitte dei Giganti", una serie di pozzetti profondi da 1 a 3 metri e con diametri che variano da 2 a 4 metri: morfologie generate dal turbinio dell'acqua nei periodi di maggiore piena.
Questa prima parte della cavità non ha molti concrezionamenti. Alla prima strettoia che s'incontra un'imponente coltre stalagmitica sbarra la strada: è il Dragone, così definito dal Parenzan per la somiglianza a un mitologico animale. Superato il Dragone una serie di piccoli laghi caratterizza i cunicoli fino alla seconda strettoia della grotta: si tratta del sifone che per molti mesi all'anno impedisce il passaggio degli speleologi. Dopo questo la morfologia della cavità cambia: le gallerie si fanno più ampie, le sale sono maestose ed una serie interminabile di stalattiti, dalla cristallina bellezza, adornano festosamente ciò che l'acqua ha costruito nei millenni, goccia dopo goccia.
Un torrente sotterraneo scorre in un canyon e le sue acque diffondono nell'ambiente un dolce suono ovattato dal silenzio dell'oscurità facendo melodia con gli squittii acuti dei pipistrelli che, veri padroni della grotta, scorrazzano ad elevate velocità sfiorando le concrezioni stalattitiche. La maestosità della grotta del Dragone affascina ogni volta gli speleologi che la esplorano sempre alla ricerca della galleria giusta per raggiungere l'inghiottitoio di Patricello di Rivello. L'esplorazione della grotta del Dragone è riservata a speleologi ricchi di esperienza in grado di valutare bene i rischi che può comportare una cavità che in poche ore va in piena. Persino i primi metri della grotta possono essere pericolosi per chi non ha dimestichezza con la speleologia. Dal canyon, lungo circa 400 metri, si giunge ad una nuova strettoia, allargata con tanto lavoro dagli speleologi, è uno dei passaggi più difficili della cavità. Alcuni metri che vanno superati facendo qualche contorsionismo.
Questo passaggio è stato chiamato: ''La vergine''. Superata la strettoia gli ambienti si allargano per qualche decina di metri per poi restringersi nuovamente. Una serie di cunicoli che si intersecano tra di loro creano il ''Labirinto del Dragone'', procedendo sempre nel cunicolo più ampio si giunge, ribassandosi di quota, fino ad una ampia sala quasi interamente invasa dall'acqua.
Su un lato un abbondante accumulo di sabbia ha creato una spiaggia che nulla ha da invidiare a quelle tipiche della costa marateota. Un solo particolare: non c'è il sole. Rimane, comunque, un ottimo punto per ritemprarsi e riposare prima di continuare l'esplorazione della cavità. Dal lago parte un piccolo cunicolo, che va attraversato quasi completamente immersi nell'acqua, pochi metri, ma difficoltosi.
Superato questo tratto si giunge nella parte più bella della grotta: ambienti molto più ampi, scompare quasi del tutto l'acqua e le concrezioni abbelliscono con drappeggi e festoni ogni angolo della cavità. Cunicoli e gallerie sotterranee cominciano a rialzarsi in quota portandosi fino ad una area dove l'acqua non invade più gli ambienti. Si prosegue così per circa un chilometro e mezzo, superando nel contempo altre sale abbastanza ampie e riccamente concrezionate.
Dall'ultima sala si dipartono altri cunicoli e gallerie non ancora esplorate perché non tutti gli anni l'acqua consente il passaggio oltre il lago. Ultimamente, per un probabile inquinamento ambientale, l'esplorazione è resa ancora più problematica. D'autres, note Tratto da : http://www.lucanianet.it Cart1
Type de cavité
grotta
Pays
Italy
Province
254
Village
Maratea
Emplacement
Acquafredda
Numéro de registre
30 B
Longueur totale
2400
Gradient
+ 34
Longitude
3° 13' 28" E di M. Mario
Latitude
40° 01' 49"
Elevation
8 m slm
Cartographie
IGM: 210 III SE - Sapri
Description
La Grotta del Dragone è la maggiore grotta della Basilicata. L'ingresso è ad 8 metri sul livello del mare a pochi passi dalla costa di Acquafredda. La sua prima esplorazione risale al 1956, ad opera di Pietro Parenzan che, successivamente, l'ha descritta, per il solo tratto iniziale, nel suo libro Tenebre Luminose nel 1957. Parenzan esplorò i primi 800 metri della cavità ed ipotizzò, per primo, il collegamento con l'Inghiottitoio del Patricello, che dista in linea d'aria circa 10 Km. Venti anni dopo le esplorazioni sono state riprese dagli speleologi del Gruppo Geo-Speleo Valle del Noce di Trecchina, che, in circa 15 anni, hanno esplorato oltre 2000 metri di cunicoli, gallerie sifoni, laghetti e sale.Trattandosi di un ''Esautore di troppo pieno'' la grotta è esplorabile solo nei mesi in cui non è invasa da acqua. La Grotta del Dragone spesso è inondata perché il condotto sotterraneo, che alimenta la sorgente marina, non riesce a scolmare tutta l'acqua e quindi, alzandosi il livello di falda, invade le gallerie del Dragone che divengono via d'uscita per l'acqua.
Agli speleologi locali si sono spesso aggiunti altri colleghi provenienti dal Piemonte, dalla Liguria, dalla Puglia, ma, a volte, i sifoni interni, invasi dall'acqua, hanno impedito ogni sorta di prosecuzione. La grotta del Dragone è attualmente ben conosciuta nell'ambito speleologico nazionale. La prima parte della grotta è caratterizzata da numerose "Marmitte dei Giganti", una serie di pozzetti profondi da 1 a 3 metri e con diametri che variano da 2 a 4 metri: morfologie generate dal turbinio dell'acqua nei periodi di maggiore piena.
Questa prima parte della cavità non ha molti concrezionamenti. Alla prima strettoia che s'incontra un'imponente coltre stalagmitica sbarra la strada: è il Dragone, così definito dal Parenzan per la somiglianza a un mitologico animale. Superato il Dragone una serie di piccoli laghi caratterizza i cunicoli fino alla seconda strettoia della grotta: si tratta del sifone che per molti mesi all'anno impedisce il passaggio degli speleologi. Dopo questo la morfologia della cavità cambia: le gallerie si fanno più ampie, le sale sono maestose ed una serie interminabile di stalattiti, dalla cristallina bellezza, adornano festosamente ciò che l'acqua ha costruito nei millenni, goccia dopo goccia.
Un torrente sotterraneo scorre in un canyon e le sue acque diffondono nell'ambiente un dolce suono ovattato dal silenzio dell'oscurità facendo melodia con gli squittii acuti dei pipistrelli che, veri padroni della grotta, scorrazzano ad elevate velocità sfiorando le concrezioni stalattitiche. La maestosità della grotta del Dragone affascina ogni volta gli speleologi che la esplorano sempre alla ricerca della galleria giusta per raggiungere l'inghiottitoio di Patricello di Rivello. L'esplorazione della grotta del Dragone è riservata a speleologi ricchi di esperienza in grado di valutare bene i rischi che può comportare una cavità che in poche ore va in piena. Persino i primi metri della grotta possono essere pericolosi per chi non ha dimestichezza con la speleologia. Dal canyon, lungo circa 400 metri, si giunge ad una nuova strettoia, allargata con tanto lavoro dagli speleologi, è uno dei passaggi più difficili della cavità. Alcuni metri che vanno superati facendo qualche contorsionismo.
Questo passaggio è stato chiamato: ''La vergine''. Superata la strettoia gli ambienti si allargano per qualche decina di metri per poi restringersi nuovamente. Una serie di cunicoli che si intersecano tra di loro creano il ''Labirinto del Dragone'', procedendo sempre nel cunicolo più ampio si giunge, ribassandosi di quota, fino ad una ampia sala quasi interamente invasa dall'acqua.
Su un lato un abbondante accumulo di sabbia ha creato una spiaggia che nulla ha da invidiare a quelle tipiche della costa marateota. Un solo particolare: non c'è il sole. Rimane, comunque, un ottimo punto per ritemprarsi e riposare prima di continuare l'esplorazione della cavità. Dal lago parte un piccolo cunicolo, che va attraversato quasi completamente immersi nell'acqua, pochi metri, ma difficoltosi.
Superato questo tratto si giunge nella parte più bella della grotta: ambienti molto più ampi, scompare quasi del tutto l'acqua e le concrezioni abbelliscono con drappeggi e festoni ogni angolo della cavità. Cunicoli e gallerie sotterranee cominciano a rialzarsi in quota portandosi fino ad una area dove l'acqua non invade più gli ambienti. Si prosegue così per circa un chilometro e mezzo, superando nel contempo altre sale abbastanza ampie e riccamente concrezionate.
Dall'ultima sala si dipartono altri cunicoli e gallerie non ancora esplorate perché non tutti gli anni l'acqua consente il passaggio oltre il lago. Ultimamente, per un probabile inquinamento ambientale, l'esplorazione è resa ancora più problematica. D'autres, note Tratto da : http://www.lucanianet.it Cart1
Lat:40.03111313N Lon:15.67671782E Datum:WGS84
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